Se mi chiedessero di usare una sola parola per descrivere la situazione in cui ci troviamo oggi, probabilmente, sceglierei surreale. Questo mi fa capire quanto, tutti noi, riteniamo che un determinato genere di cose non debba mai capitarci, tanto che, quando ci troviamo travolti da esse, possiamo soltanto viverle come le immagini di un film già visto, come un servizio di TG che parla di fatti accaduti ad altri. Il problema è quando realizzi che ci sei tu in mezzo e che tocca a te far fronte alla situazione: da quel momento partono le reazioni più disparate. Non mi permetterei mai di discutere la soggettività degli effetti che gli eventi, come questo terremoto, possono avere sulle singole persone, pertanto voglio dire come sto reagendo io, senza per questo esprimere un giudizio sulle scelte degli altri.
Dalla sera di quel 20 maggio infinito, cominciato alle quattro del mattino e, forse, non ancora del tutto concluso, Laura ed io ci siamo distesi nel nostro letto e ci siamo addormentati. Senza bagagli fatti, senza scarpe di fianco alla porta, senza cambiare una sola abitudine. Forse siamo fortunati a riuscire a viverla cosí e, non fraintendetemi, non credo centrino nulla il coraggio o, tantomeno, la sconsideratezza. Non sono mai stato un coraggioso, basta aver giocato a poker con me un paio di volte per saperlo, né tantomeno vado a ballare sotto i cornicioni pericolanti per il brivido di giocarmi le probabilità, credo piuttosto si tratti del rifiuto di farsi condizionare l'esistenza. Io non voglio cedere all'aura di paura che sta soffocando le vite di troppa gente a cui voglio bene, anche perché nella paura non c'è razionalità, né sicurezza. Quello che molti stanno facendo per "combattere" il terremoto, è in realtà un modo per combattere la paura e nient'altro. Irrazionale per definizione, essa ci fa compiere gli atti più strani, che possono andare dal dormire in macchina davanti casa, fino al trasferirsi da una zia odiosa, che prima non volevi vedere neanche per le feste comandate, solo perchè sta quaranta chilometri "più in là" (da cosa non è dato saperlo). Non voglio neanche esprimermi su chi attiva il servizio sms dell INGV, che avvisa quando una scossa è già arrivata, anche quella che non abbiamo sentito, aumentando la tensione e il timore. Qualsiasi cosa si faccia, è logico, non ci esenta da rischi, non scongiura il pericolo del terremoto. O ti trasferisci in un luogo lontano migliaia di chilometri per sempre e magari il terremoto viene anche là, o ti fai costruire un bunker antisismico (esistono?) e ci vivi dentro 24 ore su 24 oppure non serve a nulla il rimedio a tempo. Il rischio che un terremoto ti sorprenda nel sonno oggi, è lo stesso di un mese fa, così come ormai è chiaro che non esista la zona del tutto immune, e la prova, inconfutabile, l'abbiamo avuta alle 4.04 del 20 maggio scorso, quando un forte fenomeno sismico ha scosso una comprovata zona non sismica. La differenza tra stanotte e le notti prima di quella, è soltanto che prima non ci stavamo pensando.
Per questa ragione io rimango qui, non preparo le valigie, chiudo la porta dall'interno (perché i farabutti, quelli sì, sono aumentati), vado a letto e mi metto a dormire. Non è che io non abbia pensieri o non mi sia spaventato per me e per tutte le persone che amo o che mi sono care, anzi, il punto è che non è questo il modo di difendersi, se davvero ne esiste uno. Quello che il mio cuore mi dice di fare, adesso, è di andare avanti, con normalità e, magari, con consapevolezza e gratitudine per quello che sarebbe potuto succedere e, grazie al cielo, non è successo. Credo che sia un dovere morale comportarsi in questo modo, un dovere nei confronti di chi ha perso davvero tanto come il lavoro, la casa, una persona cara. Se noi, che ci siamo svegliati nel cuore della notte giustamente spaventati e non abbiamo perso niente di tutto questo, non riusciamo a trovare la forza di ricominciare, come faranno quelle persone che hanno visto crollare la propria casa, quelli che non hanno più nulla o tutti coloro che hanno perso un amico, un parente, un affetto, un amore? Io credo che onorare la vita che abbiamo e che, di fatto, quella notte non è cambiata di niente, sia il primo atto di solidarietà e riguardo verso chi, in quel momento o da quel momento in poi, ha visto cambiare la propria esistenza per sempre.
Io non voglio vivere nella paura, voglio vivere il meglio del tempo che ho.